Terapia plasmatica: Il cardine del trattamento della PTT
La terapia di scambio plasmatico è il trattamento principale per la Porpora trombotica trombocitopenica (PTT), un raro disturbo del sangue caratterizzato dalla formazione di piccoli coaguli di sangue in tutto il corpo. Questa terapia prevede la rimozione del plasma dal sangue e la sua sostituzione con plasma fresco congelato. Il processo aiuta a rimuovere i multimeri del fattore von Willebrand (VWF) ultra-larghi e gli autoanticorpi ADAMTS13 dalla circolazione, che sono responsabili dei sintomi della malattia[1][2][3]. Lo scambio plasmatico viene tipicamente eseguito quotidianamente fino al raggiungimento della remissione, che è indicata dalla stabilizzazione dei livelli di piastrine e dalla risoluzione dei marcatori di emolisi[4].
Farmaci: Supporto alla terapia plasmatica
Oltre allo scambio plasmatico, vengono utilizzati diversi farmaci per migliorare i risultati del trattamento. I corticosteroidi vengono comunemente somministrati per diminuire l’attività del sistema reticoloendoteliale e ridurre la produzione di autoanticorpi. La dose raccomandata è tipicamente di 1 mg/kg al giorno di prednisone, con aggiustamenti per i pazienti gravemente malati[4]. Il rituximab, un anticorpo monoclonale anti-CD20, viene sempre più utilizzato nei casi refrattari allo scambio plasmatico, aiutando a raggiungere una remissione prolungata[3][4].
Nuove terapie: Caplacizumab e ADAMTS13 ricombinante
I recenti progressi hanno introdotto nuove opzioni terapeutiche. Il caplacizumab, un nanoanticorpo che prende di mira il VWF, è stato approvato per l’uso in combinazione con lo scambio plasmatico e la terapia immunosoppressiva. Ha dimostrato di ridurre il tempo di risposta della conta piastrinica e diminuire la mortalità correlata alla PTT[2][4]. Inoltre, l’ADAMTS13 ricombinante (Adzynma) è stato approvato per la terapia enzimatica sostitutiva nella PTT congenita, offrendo un’opzione di trattamento profilattico o al bisogno[2][3].
Interventi chirurgici: Splenectomia
Nei casi gravi in cui lo scambio plasmatico e i farmaci sono insufficienti, può essere considerata una splenectomia. La milza è un importante sito di produzione di anticorpi e la sua rimozione può aiutare a ridurre la produzione di anticorpi che bloccano l’enzima ADAMTS13[1][4]. Il recupero da una splenectomia richiede tipicamente da quattro a sei settimane[1].
Trattamenti aggiuntivi e considerazioni
Altri trattamenti, come la ciclosporina, la ciclofosfamide e la vincristina, vengono utilizzati come terapie aggiuntive quando i trattamenti di prima linea falliscono. Questi agenti sono generalmente meno efficaci e vengono utilizzati in combinazione con altre terapie[4]. Il monitoraggio della risposta al trattamento è cruciale, con controlli giornalieri dei marcatori di emolisi e dei livelli piastrinici che guidano la durata dello scambio plasmatico[4].