Comprendere la Vasculite ANCA-associata
La vasculite ANCA-associata (AAV) è un gruppo di condizioni autoimmuni caratterizzate dall’infiammazione dei piccoli vasi sanguigni causata dal sistema immunitario che li attacca erroneamente. Questa condizione può portare a gravi danni agli organi ed era spesso fatale prima dell’avvento della terapia immunosoppressiva[1]. L’obiettivo principale del trattamento è ridurre l’infiammazione, prevenire danni permanenti e minimizzare la tossicità correlata al trattamento[3].
Terapia di induzione per la Vasculite ANCA-associata
La terapia di induzione mira a ottenere la remissione della malattia. Per i casi che minacciano la vita o gli organi, si utilizza una combinazione di glucocorticoidi e rituximab o ciclofosfamide. Il rituximab è spesso preferito per la granulomatosi recidivante con poliangite (GPA) e la poliangite microscopica (MPA)[1]. I glucocorticoidi, come il prednisone, sono efficaci ma possono causare gravi effetti collaterali, specialmente con l’uso a lungo termine[2]. Un regime di glucocorticoidi a riduzione rapida, come il programma del Trial PEXIVAS, è ora preferito per ridurre il rischio di infezioni gravi[1].
Terapia di mantenimento per prevenire le recidive
Una volta raggiunta la remissione, la terapia di mantenimento è cruciale per prevenire le recidive. Il rituximab a dose ripetuta a intervalli fissi per 24-48 mesi è più efficace dell’azatioprina o del metotrexato e permette l’interruzione dei glucocorticoidi entro sei mesi[1]. Il rituximab è particolarmente efficace per le persone con una storia di frequenti recidive[3]. Altre opzioni di mantenimento includono azatioprina, metotrexato e micofenolato mofetile, spesso usati in combinazione con glucocorticoidi a basso dosaggio[4].
Nuovi trattamenti e progressi
I recenti progressi hanno introdotto nuove opzioni di trattamento. L’avacopan, un anti-recettore C5a orale, ha dimostrato superiorità rispetto ai regimi standard di riduzione dei glucocorticoidi quando combinato con rituximab o ciclofosfamide[1]. Il mepolizumab, un agente anti-interleuchina 5, ha migliorato i tassi di remissione e ridotto le recidive nella granulomatosi eosinofila con poliangite (EGPA)[1]. Inoltre, un nuovo anticorpo monoclonale anti-C5a, il vilobelimab, ha mostrato risultati promettenti negli studi di fase 2[1].
Sfide nel trattamento
Nonostante i progressi, rimangono sfide nel trattamento della GPA e MPA attiva grave. L’equilibrio tra il controllo dell’attività della malattia e la minimizzazione della tossicità del trattamento è delicato. L’uso a lungo termine dei glucocorticoidi può portare a significativi effetti collaterali, rendendo necessario un passaggio a trattamenti che riducano l’esposizione ai glucocorticoidi[2]. Lo scambio plasmatico, sebbene frequentemente utilizzato, ha benefici incerti[4].