Il linfoma a cellule B della zona marginale nodale è una forma rara di tumore del sistema linfatico. Attualmente sono attivi 4 studi clinici che valutano nuovi approcci terapeutici per i pazienti con questa malattia, sia in prima linea che nelle forme recidivanti o refrattarie. Questi studi includono terapie innovative come anticorpi bispecifici, terapie CAR-T e nuove combinazioni di farmaci.
Studi clinici sul linfoma a cellule B della zona marginale nodale
Il linfoma a cellule B della zona marginale nodale è un sottotipo di linfoma non-Hodgkin che origina dalle cellule B della zona marginale del tessuto linfoide. Si tratta di una malattia generalmente indolente, caratterizzata da una progressione lenta, ma che richiede trattamento quando diventa sintomatica o progredisce. Attualmente, sono disponibili 4 studi clinici dedicati a questa patologia, che offrono l’opportunità ai pazienti di accedere a terapie innovative.
Studi clinici disponibili per il linfoma a cellule B della zona marginale nodale
Studio comparativo di odronextamab e lenalidomide versus rituximab e lenalidomide per pazienti con linfoma follicolare e della zona marginale recidivante/refrattario
Localizzazione: Austria, Belgio, Repubblica Ceca, Francia, Germania, Italia, Polonia, Spagna
Questo studio clinico si concentra su due tipi di tumori ematologici: il linfoma follicolare e il linfoma della zona marginale. L’obiettivo principale è confrontare l’efficacia e la sicurezza di due diverse combinazioni terapeutiche. Un gruppo di partecipanti riceverà odronextamab (noto anche con il nome in codice REGN1979) in combinazione con lenalidomide, mentre l’altro gruppo riceverà rituximab combinato con lenalidomide. Odronextamab è un anticorpo bispecifico progettato per colpire proteine specifiche sulle cellule tumorali, mentre rituximab è un anticorpo monoclonale che agisce anch’esso contro le cellule neoplastiche.
Lo studio prevede due fasi: una fase iniziale di sicurezza per valutare la tollerabilità della combinazione odronextamab-lenalidomide, seguita da una fase principale di confronto tra le due combinazioni terapeutiche. L’endpoint primario è la sopravvivenza libera da progressione, ovvero il tempo durante il quale i partecipanti vivono senza che la malattia peggiori.
Criteri di inclusione principali: I pazienti devono avere una diagnosi confermata di linfoma follicolare (grado 1-3a) o linfoma della zona marginale, con malattia refrattaria o recidivante dopo almeno una terapia precedente che includeva chemioterapia e immunoterapia con anticorpo anti-CD20. È richiesta una malattia misurabile mediante TC o risonanza magnetica e un performance status ECOG di 0-2.
Farmaci utilizzati: Odronextamab è somministrato per via endovenosa e agisce legandosi sia al CD20 sulle cellule B che al CD3 sui linfociti T, facilitando la distruzione delle cellule tumorali. Lenalidomide è un immunomodulatore che potenzia la risposta immunitaria contro le cellule neoplastiche. Rituximab è un anticorpo monoclonale che si lega al CD20 sulle cellule B maligne.
Studio su lisocabtagene maraleucel per adulti con linfoma non-Hodgkin a cellule B indolente recidivante o refrattario
Localizzazione: Austria, Francia, Germania, Italia, Spagna, Svezia
Questo studio clinico valuta un trattamento innovativo chiamato lisocabtagene maraleucel (JCAR017), una forma di terapia genica CAR-T. Il trattamento prevede la modificazione dei linfociti T del paziente al di fuori del corpo per renderli più efficaci nel riconoscere e attaccare le cellule tumorali quando vengono reinfusi nel paziente.
Lo studio si rivolge a pazienti il cui tumore è ritornato o non ha risposto ai trattamenti precedenti. Il percorso terapeutico include: una procedura di leucaferesi per raccogliere i globuli bianchi, una chemioterapia linfodepletiva per preparare l’organismo, seguita dall’infusione dei linfociti T modificati. I partecipanti saranno monitorati attentamente per valutare la risposta al trattamento e gli eventuali effetti collaterali.
Criteri di inclusione principali: Pazienti con linfoma follicolare o della zona marginale confermato mediante biopsia negli ultimi 6 mesi, con malattia recidivante o refrattaria e misurabile. È richiesto un buon accesso vascolare per la leucaferesi, età minima di 18 anni e un buon performance status. I pazienti devono avere ricevuto un numero specifico di trattamenti precedenti, inclusi farmaci anti-CD20.
Terapia CAR-T: JCAR017 rappresenta una terapia cellulare avanzata che utilizza i linfociti T del paziente geneticamente modificati per esprimere un recettore chimerico antigenico (CAR) diretto contro il CD19, una proteina presente sulle cellule B tumorali.
Studio su copanlisib e rituximab per pazienti con linfoma della zona marginale che necessitano di trattamento dopo fallimento della terapia locale o recidiva
Localizzazione: Germania
Questo studio valuta la combinazione di copanlisib e rituximab in pazienti con linfoma della zona marginale che necessitano di trattamento sistemico, specialmente quelli che non hanno risposto o non sono eleggibili per trattamenti locali come la chirurgia o la radioterapia. Copanlisib è un inibitore delle proteine PI3K che aiuta a bloccare le vie di segnalazione necessarie per la crescita delle cellule tumorali.
I partecipanti riceveranno entrambi i farmaci per via endovenosa durante una fase di induzione, seguita da una terapia di mantenimento con rituximab. Lo studio durerà circa 12 mesi, durante i quali la risposta al trattamento sarà monitorata attentamente attraverso esami di imaging (risonanza magnetica o TC) e test di laboratorio.
Criteri di inclusione principali: Pazienti con diagnosi confermata di linfoma della zona marginale CD20 positivo, età minima di 18 anni, aspettativa di vita superiore a 3 mesi, necessità di trattamento per malattia sintomatica dopo fallimento o recidiva della terapia locale. Per il linfoma nodale e extranodal è richiesta almeno una lesione misurabile di almeno 1,5 cm alla TC o risonanza magnetica.
Meccanismo d’azione: Copanlisib agisce inibendo specifici enzimi (PI3K) che hanno un ruolo fondamentale nella crescita e sopravvivenza delle cellule tumorali, mentre rituximab distrugge le cellule B maligne attraverso diversi meccanismi immunologici.
Studio su obinutuzumab come trattamento di prima linea per pazienti adulti con linfoma della zona marginale non eleggibili per terapia locale
Localizzazione: Germania
Questo studio si concentra sull’uso di obinutuzumab (Gazyvaro) come trattamento di prima linea in monoterapia per pazienti con linfoma della zona marginale che non possono ricevere trattamenti locali o per i quali questi trattamenti non hanno funzionato. Obinutuzumab è un anticorpo monoclonale che si lega alla proteina CD20 presente sulle cellule B tumorali.
Il farmaco viene somministrato per via endovenosa alla dose di 1.000 mg durante una fase di induzione. Il periodo di trattamento può durare fino a 30 mesi. Durante tutto lo studio, i medici monitoreranno la risposta al trattamento, gli eventuali effetti collaterali e l’impatto sulla qualità di vita dei partecipanti.
Criteri di inclusione principali: Età di almeno 18 anni, aspettativa di vita superiore a 3 mesi, linfoma della zona marginale CD20 positivo confermato che richiede trattamento, almeno un tumore misurabile di dimensioni pari o superiori a 1,5 cm visibile alla TC o risonanza magnetica, funzionalità renale normale con creatinina sierica di 2 mg/dl o inferiore, test HIV negativo e adeguati valori ematologici.
Meccanismo terapeutico: Obinutuzumab è un anticorpo monoclonale glicoingegnerizzato di tipo II che si lega al CD20 sulle cellule B, attivando diversi meccanismi di morte cellulare tra cui la citotossicità cellulo-mediata anticorpo-dipendente e l’induzione diretta di apoptosi.
Sintesi degli studi clinici disponibili
Gli studi clinici attualmente attivi per il linfoma a cellule B della zona marginale nodale rappresentano diverse strategie terapeutiche innovative. È importante notare che tre dei quattro studi sono disponibili in Italia, offrendo ai pazienti italiani l’opportunità di accedere a queste terapie sperimentali.
Due studi (odronextamab-lenalidomide e lisocabtagene maraleucel) si concentrano specificamente sulle forme recidivanti o refrattarie della malattia, mentre uno studio valuta obinutuzumab come trattamento di prima linea. Lo studio su copanlisib-rituximab è rivolto a pazienti che necessitano di trattamento dopo fallimento della terapia locale.
Le terapie oggetto di studio includono approcci molto diversi: anticorpi bispecifici che attivano il sistema immunitario (odronextamab), terapia cellulare CAR-T che utilizza linfociti modificati geneticamente (lisocabtagene maraleucel), inibitori di vie di segnalazione intracellulare (copanlisib) e anticorpi monoclonali ottimizzati (obinutuzumab). Questa varietà di approcci riflette la complessità della malattia e l’importanza di sviluppare multiple opzioni terapeutiche per i pazienti.
Tutti gli studi prevedono un monitoraggio attento della risposta al trattamento e della sicurezza, con valutazioni regolari attraverso esami di imaging e test di laboratorio. La qualità di vita dei pazienti è un aspetto importante valutato nella maggior parte degli studi. I pazienti interessati a partecipare dovrebbero discutere con il proprio ematologo l’idoneità a questi studi e valutare attentamente i potenziali benefici e rischi di ciascuna opzione terapeutica.











