Interventi di emergenza per coaguli potenzialmente letali
Nei casi in cui un tromboembolismo venoso (TEV) rappresenti una minaccia immediata per la vita, gli operatori sanitari possono ricorrere a interventi di emergenza. Questi includono la rimozione di un’embolia polmonare (EP) potenzialmente letale attraverso un catetere inserito nella vena o la somministrazione di un farmaco trombolitico che dissolve rapidamente il coagulo. Tuttavia, a causa delle potenziali complicazioni, tali interventi sono riservati alle emergenze[1].
Trattamenti preventivi per TEV non letali
Quando un TEV non è immediatamente letale, l’attenzione si sposta sulla prevenzione dell’ingrandimento dei coaguli esistenti e sulla formazione di nuovi coaguli. Le misure preventive includono l’uso di anticoagulanti, comunemente noti come fluidificanti del sangue, che riducono la coagulazione. Inoltre, vengono utilizzate calze compressive per favorire la circolazione. Nei casi più complessi, può essere suggerito un intervento fisico come l’installazione di un filtro nella vena per impedire ai coaguli di raggiungere i polmoni[1].
Evoluzione degli anticoagulanti nel trattamento del TEV
Il trattamento del TEV si è evoluto significativamente con l’introduzione di nuovi anticoagulanti. Storicamente, il trattamento si basava su eparina non frazionata o eparina a basso peso molecolare e antagonisti della vitamina K come il warfarin. Tuttavia, questi metodi tradizionali presentano diversi svantaggi, che hanno portato allo sviluppo di nuovi anticoagulanti con proprietà migliorate. Questi includono la somministrazione orale, la rapida insorgenza d’azione e minori interazioni con farmaci o alimenti[2].
Nuovi anticoagulanti e la loro efficacia
Studi recenti hanno dimostrato l’efficacia dei nuovi anticoagulanti nella prevenzione delle recidive di TEV. Dabigatran, Rivaroxaban, Apixaban ed Edoxaban hanno tutti dimostrato un’efficacia paragonabile ai trattamenti tradizionali come il warfarin. Questi nuovi anticoagulanti sono ora raccomandati dalla Società Europea di Cardiologia/Società Europea di Pneumologia, con lo stesso grado di raccomandazione e livello di evidenza dei trattamenti convenzionali[2].
Terapia anticoagulante: indicazioni e durata
La terapia anticoagulante è indicata per varie condizioni, tra cui TEV, fibrillazione atriale e post-sostituzione valvolare cardiaca. La durata del trattamento è personalizzata in base al rischio di recidiva e sanguinamento. Per un primo episodio di TEV, si raccomanda una durata minima del trattamento di tre mesi. Nei casi di TVP prossimale non provocata ed EP sintomatica, può essere necessaria un’anticoagulazione a tempo indeterminato[3].
Anticoagulanti orali e rischio di recidiva
La terapia anticoagulante orale è altamente efficace nella gestione del TEV, con un basso rischio di recidiva se ben gestita. Tuttavia, la presenza di determinate condizioni, come il cancro, può aumentare il rischio di recidiva. L’uso di anticoagulanti orali non antagonisti della vitamina K (NOAC) non ha dimostrato superiorità rispetto agli antagonisti della vitamina K in termini di efficacia, ma rimane un’opzione valida per il trattamento[4].