Inibitori della colinesterasi
Uno dei trattamenti principali per gestire i sintomi della demenza prevede l’uso di inibitori della colinesterasi. Questi farmaci, come donepezil (Aricept, Adlarity), rivastigmina (Exelon) e galantamina (Razadyne ER), funzionano aumentando i livelli di un messaggero chimico coinvolto nella memoria e nel giudizio. Sono utilizzati principalmente per la malattia di Alzheimer ma possono essere prescritti anche per altri tipi di demenza, inclusa la demenza vascolare, la demenza da malattia di Parkinson e la demenza a corpi di Lewy[1]. Mentre possono migliorare la memoria e la funzione cognitiva, gli effetti collaterali possono includere nausea, vomito, diarrea, rallentamento del battito cardiaco, svenimenti e problemi del sonno[1].
Memantina
La memantina (Namenda) è un altro farmaco utilizzato per gestire i sintomi della demenza. Regola l’attività del glutammato, un messaggero chimico coinvolto nelle funzioni cerebrali come l’apprendimento e la memoria. La memantina viene talvolta utilizzata in combinazione con un inibitore della colinesterasi[1]. Un effetto collaterale comune della memantina è il capogiro[1]. È particolarmente benefica per le persone nelle fasi intermedie e avanzate della malattia di Alzheimer[5].
Nuove Terapie
I recenti progressi nel trattamento della demenza includono l’approvazione da parte della FDA di lecanemab (Leqembi) e donanemab (Kisunla) per persone con malattia di Alzheimer lieve e compromissione cognitiva lieve dovuta alla malattia di Alzheimer. Questi farmaci funzionano impedendo alle placche amiloidi nel cervello di aggregarsi, rallentando così il declino del pensiero e del funzionamento[1]. Lecanemab viene somministrato come infusione endovenosa ogni due settimane, mentre donanemab viene somministrato ogni quattro settimane. Tuttavia, questi trattamenti comportano potenziali effetti collaterali, tra cui reazioni all’infusione, gonfiore cerebrale ed emorragie, che richiedono un attento monitoraggio attraverso risonanze magnetiche cerebrali[1].
Gestione dei Sintomi Psicotici
I sintomi psicotici sono prevalenti nella demenza, colpendo dal 30% al 50% dei pazienti. Mentre gli antipsicotici tradizionali vengono utilizzati, presentano rischi ed efficacia limitata. Pimavanserin, un farmaco più recente, sta attirando l’attenzione per la sua capacità di migliorare i sintomi psicotici nella malattia di Parkinson e nella psicosi correlata alla malattia di Alzheimer senza gli effetti di blocco dei recettori della dopamina degli altri antipsicotici[2]. Gli interventi non farmacologici, sebbene limitati nelle evidenze, sono anch’essi raccomandati e dovrebbero essere implementati in modo personalizzato[2].
Interventi Psicosociali
I trattamenti psicosociali svolgono un ruolo cruciale nella cura della demenza, mirando a migliorare la qualità della vita e massimizzare la funzionalità. Questi interventi includono terapie orientate al comportamento, alle emozioni, alla cognizione e alla stimolazione. Mentre le evidenze sono limitate, questi approcci hanno mostrato una modesta efficacia nel migliorare l’umore, il comportamento e le capacità cognitive[3]. La terapia della reminiscenza, per esempio, è stata associata a guadagni di breve durata nell’umore e nella cognizione[3].
Approcci Non Farmacologici
Le strategie non farmacologiche sono essenziali nella gestione dei sintomi della demenza. La terapia occupazionale può aiutare a rendere l’ambiente domestico più sicuro e insegnare comportamenti di adattamento, mentre i cambiamenti nell’ambiente, come la riduzione del disordine e del rumore, possono migliorare la concentrazione e la funzionalità[1]. Suddividere i compiti in passaggi più semplici e mantenere struttura e routine può anche ridurre la confusione[1].
Cura Completa
Un approccio multidisciplinare che coinvolge medici, infermieri e terapisti è vitale per una gestione efficace della demenza. Questo team può guidare la cura del paziente, affrontando sintomi comportamentali, deliri, depressione e altre condizioni associate[4]. Farmaci come antidepressivi e antipsicotici vengono utilizzati per gestire sbalzi d’umore, ansia e disturbi del sonno, sebbene il loro uso rimanga controverso[5].